«Si parla molto di LIS in Italia ultimamente, in particolare dopo il riconoscimento dello scorso anno 2021. Se ne parla molto. E meno male: il grado di civiltà di un popolo si misura anche, se non in primis, dalla sua capacità di offrire un livello di qualità di vita sempre più alto a ogni suo appartenente, qualsivoglia siano le sue specificità.
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Sicuramente -a volere fare proprie certe riflessioni, raffinate e lucide, da Prima Repubblica, ossia che a pensare male si fa peccato, ma non raramente ci si coglie- certi interessi si sono sviluppati non secondariamente a seguito dei decreti attuativi, che hanno stimolato anche una valutazione più pragmatica dei valori che li sottendono. Ecco, Pietro Celo di LIS si interessa da quando è nato. Perché il suo coinvolgimento per le lingue e le culture segnate è umano, a 360 gradi, prima che solo squisitamente scientifico. E in decenni ha fatto e scritto talmente tanto che non vale la pena nemmeno provare qui a delineare il riassunto dell'indice del suo curriculum. Il sottoscritto è fiero di poter ricordare in questa sede che la sua Università di Parma, da sempre profondamente attenta ai temi dell'inclusione, non solo ha, in tempi non sospetti (correva l'anno 2013), aperto un corso di LIS, allora tenuto da Dino Giglioli e oggi dallo stesso Celo, ma ancora, nell'a.a. 2019-20- quando il riconoscimento della LIS era solo una morgana- è stata capofila di un progetto pilota, sostenuto a livello ministeriale (frutto di un partenariato coordinato dall' 'Osservatorio Nazionale sulla Mediazione Linguistica e Culturale') di "Laurea per Interpreti internazionali nelle Lingue dei Segni", che quest'anno festeggerà i primi diplomati. Benvenuti, dunque, tutti quelli che oggi, anche sulla scia di una eterogeneità dei fini che comunque male non fa, parlano di LIS. E grazie a Pietro, e a quelli come lui, per continuare a non parlare soltanto». Davide Astori