Nella nostra giovane e nuova poesia, Alberto Pellegatta è sicuramente una figura di punta. Un primo evidente saggio del suo lavoro era stata la pubblicazione, nel 2011, di un’opera che già ne segnalava l’impeccabile originalità discreta della vocazione e della pronuncia, L’ombra della salute.
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Oggi la sua maturità appare ancor più evidentemente acquisita in questa Ipotesi di felicità, dove la concretezza di una visione disincantata dell’umano esserci quotidiano viene espressa nell’eleganza raffinata di una scrittura insieme sciolta, comunicativa, vivace e capace di passare dal verso alla materica densità di brevi componimenti in prosa. In questo libro si osserva anche l’emergere di una consapevolezza dell’essere poeta del poeta stesso espressa nella pagina, nel movimento interno al testo, dove l’autore viene a porsi come una sorta di sottile spia del proprio gesto poetico, ma senza alcun cedimento di sapore metaletterario. Pellegatta disegna la sua visione del mondo ben consapevole del felice debito con i maestri, siano essi gli amati artisti o altri modelli e riferimenti colti, da Kafka al Max Aub dei Delitti esemplari. Notevole è poi il