«L'arbitro sussurra Giocate Per Favore. Si può dire che noi giochiamo. Ma in un certo senso è tutto ipotetico. Perfino il "noi" è teoria: non riesco mai a vedere bene l'avversario, per via di tutto l'apparato del gioco» (David Fosler Wal-lace, Infinite Jesi). In Infinite.
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ìest il tennis, «questo infinito sistema di decisioni e angoli e linee», viene visto come un ibrido dei due giochi a cui assomiglia di più, gli scacchi e il pugilato: aggiunge la forza fisica agli scacchi, sottrae il contatto diretto dei corpi al pugilato, ma abbina la geometria di quelli alla violenza di questo. Come entrambi sfugge alla statistica. Il teorico del tennis ne da una versione a sua volta mediata da matematica e psicoanalisi: è l'anziano e temibile Gerhardt Schtitt, capo degli allenatori e dei preparatori atletici dell'accademia. L'essenza del suo insegnamento è questa: «II vero avversario, la frontiera che include, è il giocatore stesso. C'è sempre e solo l'io là fuori, sul campo, da incontrare, combattere, costringere a venire a patti. Il ragazzo dall'altro lato della rete: lui non è il nemico; è più il partner della danza. Lui è il pretesto o Yoccasione per incontrare l'io. E tu sei la sua occasione. [...]. Scompari dentro al gioco: fai breccia nei tuoi limiti: trascendi: migliori: vinci. [...] È tragico e triste e caotico e delizioso. E tutta la vita è cosi, come cittadini dello Stato umano: i limiti che ci animano sono dentro di noi, devono essere uccisi e compianti, all'infinito».