In Europa, dimentichi delle catastrofi di Cernobyl e di Fukushima e dei rischi a Zaporizzja in Ucraina, i lobbisti del nucleare rialzano la testa, provando a dire che è una soluzione per il clima. Ma non lo è. Per almeno quattro ragioni valide e convincenti.
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Innanzitutto, decidere oggi di costruire nuove centrali significa realizzarle tra dieci anni come minimo: troppo poco e troppo tardi, rispetto agli obiettivi del 2030 per ridurre le emissioni. In secondo luogo i problemi di sicurezza sono enormi. I rischi di un incidente sono bassi? Lo erano anche per le catastrofi che abbiamo menzionato. Ma se dovesse accadere un nuovo incidente, gli effetti sarebbero devastanti per anni per la salute, l’ambiente e il Pil. In terzo luogo, i costi previsionali sono altissimi e praticamente a consuntivo raddoppiano sempre. Significa sprecare risorse utili per energie pulite rinnovabili. Quarto: le criticità delle scorie radioattive sono immense ancora adesso per le centrali esistenti. E non faranno che crescere con la realizzazione di nuove centrali. Il nucleare riassume così l’idea, superata, di una crescita senza limiti. Dobbiamo pensare a un’economia sobria fondata sulle energie rinnovabili.