La coscienza europea è posseduta dalla presenza di Dostoevskij, genio tormentato e profetico: le sue parole sono centrali per !gure come Nietzsche, Proust e Kafka, ma anche per Visconti e Bresson, per citarne solo alcuni.
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Il «maledetto russo», come lo de!niva Freud in una lettera, è certamente un autore intrinsecamente legato al mondo da cui proviene, ma è anche il più europeo degli scrittori se è vero, come diceva Joyce, che a lui dobbiamo la creazione della prosa contemporanea, che con lui arriva ad un’intensità impareggiabile. Fuor di polemica, non c’è dubbio che far ricadere l’opera di questo grande scrittore sotto la censura che minaccia di colpire tutto ciò che arriva dall’area russa sarebbe un grave errore. Perché smettere di leggere Dostoevskij, ci dice Julia Kristeva in questo suo ultimo, densissimo, libro, vorrebbe dire perdere una delle esperienze più illuminanti che un essere umano possa vivere. Leggere Dostoevskij oggi sollecita un’esperienza interiore che è necessaria alla sopravvivenza e anche per questo Kristeva, sua lettrice d’eccezione, che altrove l’ha de!nito lo scrittore della sua vita, resuscita in queste pagine il suo autore prediletto, svelandone la sorprendente attualità. I personaggi parossistici e autodistruttori che popolano le sue opere, tra mostri patetici e insetti insigni!canti, presentano già la matrice carceraria dell’universo totalitario, che si rivelerà nella Shoah, o nei Gulag, e che oggi viviamo nel controllo operato dall’onnipresenza della tecnica. Dostoevskij spiegato da Julia Kristeva è in questo il «profeta della nostra modernità»: attraverso la sua lettura, l’uomo entra con la sua opera nel terzo millennio dove, in!ne, «tutto è permesso». E le angosce degli internati si fondono nel sottosuolo ai demoni di Dostoevskij.